Il mestiere dell’Editore
Scalpicciando, entro nella sala di Palazzo Wasserman con un lieve ritardo: giusto il tempo di sedermi e impugnare al volo un block notes, ed eccomi pronta ad ascoltare.
«Quand’ero ancora giovane e cercavo la mia strada», sta raccontando nel frattempo il relatore, «ho avuto la fortuna di incontrare Giulio Einaudi. Mio padre aveva una libreria, una forte passione per la scrittura, e in quegli anni aveva avviato l’allora Istituto Editoriale Veneto Friulano, ad oggi Gaspari Editore. Quell’incontro mi ha spinto ad avvicinarmi con convinzione all’attività paterna, che ad oggi è la mia ragione di vita».
Questo è uno dei modi in cui può nascere una casa editrice: a partire da un punto vendita e dall’iniziativa di chi lo gestisce, grazie al confronto con i lettori e al continuo scambio di idee nell’ambiente della libreria (fondamentale anche nei casi di Raffaello Cortina e Hoepli).
Un’altra modalità di fondazione ha le proprie radici nell’associazionismo culturale, come nel caso di Bottega Errante: un gruppo di persone si consorzia decidendo di pubblicare e divulgare contenuti affini agli scopi dell’associazione, promuovendo i propri progetti editoriali in autonomia.
Da ultimo, rimane il caso dei grandi nomi: singoli individui che possiedono il capitale di partenza, l’intraprendenza e la cultura necessaria a fondare, sostenere e far progredire un’impresa accollandosi la responsabilità di investire su un ideale pur tenendo conto del “sentore del mercato”, che spesso con gli ideali va d’accordo soltanto a metà.
A questo proposito, durante l’intervento si è avuto modo di parlare anche delle pubblicazioni d’ambito accademico: nel caso dei saggi specialistici, necessari per far progredire gli studi legati ad un determinato ambito d’indagine, la pubblicazione avviene spesso e anzi quasi esclusivamente a spese di chi ha effettuato la ricerca in esame, poiché al di fuori di una ristretta cerchia di fruitori il testo non verrà acquistato (con rare eccezioni legate al prestigio dell’autore). L’editore, dunque, nonostante sia a conoscenza del valore qualitativo di ciò che ha davanti, è costretto a bilanciare l’interesse economico e quello intrinseco del prodotto-libro, che per quanto non si limiti ad essere un bene commerciale… Beh, ha pur sempre un costo di realizzazione dal quale non è possibile prescindere.
L’editore, inoltre, arriva alle librerie tramite una filiera che passa attraverso le figure del distributore e del promotore: ha cioè bisogno di un magazzino dove stoccare le copie dei libri in catalogo e di un intermediario che faccia conoscere ciò che mette a disposizione sul mercato. E di fronte a modalità di acquisto che non prevedono questa “catena” (leggi: sistemi di acquisto online come Amazon) il mercato tradizionale si trova in svantaggio, pendendo in competitività e arretrando di fronte alla concorrenza.La conferenza si è chiusa su questa tematica: è giusto lasciare le cose come stanno in nome del “libero mercato” oppure è preferibile salvaguardare editori e librerie (indipendenti e non) ponendo un tetto agli sconti sul prezzo di copertina, come previsto dalla legge Levi? È auspicabile un nuovo intervento statale che favorisca l’avvicinamento dei giovani al mondo della cultura, dopo l’iniziativa del bonus cultura promossa dal governo Renzi?
La risposta, per Marco Gaspari, è un deciso sì. E voi, cosa ne pensate?